La dopamina offre spunti per il Parkinson e l’autismo
Sebbene sia sempre più evidente che nella popolazione autistica i tassi di morbo di Parkinson sono insolitamente alti, la ragione rimane sconosciuta. Poiché i sintomi di entrambe le patologie comportano alterazioni del movimento corporeo e del comportamento sociale, una delle ipotesi è che abbiano in comune una base biologica. Grazie a una collaborazione interdisciplinare — che comprende neuroscienze, intelligenza artificiale e genetica — il progetto Brain2Bee(si apre in una nuova finestra), finanziato dal Consiglio europeo della ricerca(si apre in una nuova finestra), ha esaminato la possibilità che la dopamina potesse fornire una parziale risposta. «Mentre alcuni studi avevano correlato la dopamina all’autismo, il ruolo della dopamina nel comportamento sociale non risultava chiaro, il che ci ha ispirato a ipotizzare un ruolo più ampio nelle funzioni sociali e motorie dell’autismo e del Parkinson», afferma Jennifer Cook, coordinatrice del progetto presso l’Università di Birmingham(si apre in una nuova finestra), sede del progetto. Un risultato centrale di Brain2Bee è stato lo sviluppo di migliori strumenti diagnostici. «Siamo entusiasmati dal fatto che i nostri strumenti siano in grado di distinguere l’autismo e il Parkinson in base al movimento. Temevamo che i movimenti fossero troppo simili per gli algoritmi», spiega Cook. «Ciò offre una speranza concreta di diagnosi più rapide e accurate per entrambe le patologie.»
Effetti della dopamina sul comportamento e sulle funzioni motorie
La dopamina è un neurotrasmettitore ricavato da un aminoacido presente in alimenti quali i latticini, le noci e i semi. È noto che questo neurotrasmettitore influisce sul modo in cui il cervello elabora una serie di funzioni cognitive e corporee, tra cui l’apprendimento e il movimento. Nel Parkinson, si verifica una perdita di cellule produttrici di dopamina in una regione specifica del cervello, quindi si interviene spesso con i farmaci per aumentarne i livelli. Brain2Bee ha reclutato volontari tra la popolazione generale per una sperimentazione clinica. Ad alcuni partecipanti è stato somministrato un farmaco chiamato aloperidolo, che inibisce un recettore della dopamina, il recettore D2(si apre in una nuova finestra), e pone temporaneamente il cervello in uno stato di «bassa dopamina», mentre altri hanno ricevuto un placebo. Per osservare gli effetti della dopamina sul movimento fisico e l’interazione sociale, i partecipanti hanno completato compiti motori e sociali e le loro prestazioni nei giorni di assunzione di aloperidolo e di placebo sono state messe a confronto. È stato riscontrato che la dopamina svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della velocità di movimento in base alla situazione(si apre in una nuova finestra). In particolare, il ruolo della dopamina è risultato importante anche per lo sviluppo di sensibilità sociali, quali la comprensione delle sensazioni(si apre in una nuova finestra) e delle intenzioni degli altri(si apre in una nuova finestra), nonché l’apprendimento da indizi sociali(si apre in una nuova finestra). «Inoltre, è stato interessante scoprire che la dopamina influisce separatamente sulle funzioni sociali e su quelle motorie, suggerendo il coinvolgimento di parti differenti del sistema dopaminergico in ciascuna di queste funzioni. Se confermato, ciò potrebbe indicare che gli effetti della dopamina sul movimento e sui comportamenti sociali non siano così strettamente collegati come si pensava», aggiunge Cook. È stato sviluppato un modello informatico per verificare se l’autismo e il Parkinson condividano caratteristiche biologiche o comportamentali legate alla dopamina. L’apprendimento automatico ha addestrato gli algoritmi del modello a distinguere tra autismo e Parkinson in base ai dati sul movimento. «Non abbiamo trovato una causa genetica condivisa. Inoltre, il nostro algoritmo ha rilevato differenze di rilievo negli schemi di movimento e ciò suggerisce che, a prescindere dalle somiglianze, queste patologie siano piuttosto distinte, aprendo così la strada allo sviluppo di strumenti capaci di ridurre gli errori diagnostici», osserva Cook.
Possibile conservazione del comportamento sociale nell’evoluzione
Per verificare se il comportamento sociale sia supportato da geni analoghi in altre specie, Brain2Bee ha esaminato anche le api mellifere, creature altamente sociali con una chimica cerebrale paragonabile a quella umana (dopamina inclusa). «Analizzando i dati genetici di entrambe le specie, abbiamo rilevato la sovrapposizione di alcuni geni legati alla socialità(si apre in una nuova finestra) e ciò suggerisce che determinati percorsi biologici per il comportamento sociale vengano conservati nel corso dell’evoluzione», spiega Cook. Pur non rientrando nel campo di applicazione di Brain2Bee, in futuro la sperimentazione di farmaci che aumentano la dopamina per sostenere le funzioni sociali o motorie rappresenterà un’area di estremo interesse.
Parole chiave
Brain2Bee, Parkinson, autismo, cervello, dopamina, movimento, interazione sociale, algoritmo, ape mellifera